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“Non esiste la pipeline perfetta. Esiste una ottima fase di qualifica”.

#SalesLeaderTalks nr. 7: Intervista a Saverio Grossi, responsabile vendite di Basis IT


Settimo appuntamento di #SalesLeaderTalks: una serie di interviste a manager e direttori commerciali con l'obiettivo di conoscere come i temi caldi della ricerca legati al mondo sales trovano applicazione nelle realtà aziendali.

Questa volta ci siamo confrontati con Saverio Grossi: responsabile vendite di Basis IT con molti anni di esperienza alle spalle anche come Inside Sales manager.

Grazie anzitutto dott. Grossi per aver accettato il nostro invito.

Qualifica e gestione della pipeline sono due aspetti che vanno a braccetto e che si influenzano reciprocamente: perché sono così importanti?

“La qualificazione di una opportunità di business è una delle fasi critiche di tutto il processo di vendita, sebbene sia una di quelle preliminari. Qualificare una opportunità correttamente consente di mettere le basi per “sales process” di qualità, dove i numeri non sono messi a caso ma seguono dei criteri che possono essere definiti “scientifici”. Una volta definiti gli step della pipeline e associato un peso ad ognuno di essi, si vanno ad impostare le azioni che permettono ai Contatti di diventare dei Lead e poi delle Opportunità. Una volta mi è stato detto da un mio responsabile che il mio lavoro era quello di “qualify out” il prima possibile. Aveva ragione. Prima otteniamo un “No”, prima possiamo concentrarci su quelle opportunità che meritano di essere definite tali. Ecco perché è importante essere il più possibile “scientifici”.


Come si può effettuare una qualifica efficace? Dove si vanno a raccogliere le informazioni necessarie e quali aspetti tenere bisogna tenere sotto controllo?

“Non mancano teorie e metodi di qualifica, ognuna valida a modo suo, se applicata nel giusto contesto. Nel mondo SaaS un sistema che sicuramente è conosciuto è quello BANT, acronimo di Budget - Authority - Need – Time. In genere, prima che un contatto possa essere “promosso” ad Opportunità è necessario che abbia un certo punteggio di BANT. Un altro aspetto che nella mia esperienza concorre a determinare quello che nella pipeline ha il diritto e dovere di essere Opportunità è la cosiddetta “Expected Closure Date”. Se la data di chiusura prevista e il Bant non rispettano i valori che abbiamo assunto come “corretti” non si parla di opportunità. Questo è l’unico modo che ho trovato efficace per svolgere un processo di qualificazione rigoroso. Per avviare e completare il processo di qualificazione si passa in alcuni stage della pipeline, uno per tutti quello definito “Discovery”, dove l’obiettivo è proprio quello di capire meglio quello che per il potenziale cliente è il “Job to be done”, ovvero come oggi fanno il lavoro, per poi andare a indagare se e come potremmo essere un valido partner e portare valore. Attraverso questa fase, con le giuste domande e il giusto approccio (non un interrogatorio) si può arrivare a qualificare “in” o “out” e quindi proseguire sul nostro percorso.”


Come si inseriscono in questo contesto gli strumenti digitali a disposizione dell'impresa?

“Gli strumenti digitali sono molto importanti per aiutare l’organizzazione a raccogliere informazioni: pensiamo ad esempio alle varie piattaforme (anche social) che ci permettono di raccogliere dati e/o entrare in contatto con il nostro prospect.

A questi si aggiungono senza ombra di dubbio i software gestionali come il CRM o quelli che ti aiutano a gestire la pipeline.

Inserirei in questa lista poi sicuramente anche la marketing automation, molto importante per la fase di qualifica. Questa tecnologia consente di supportare la fase commerciale aggiungendo valore. Ad Esempio: il prospect X scarica il report dell’azienda, in automatico parte la task per il commerciale che di conseguenza lo andrà a contattare; dopo 2 giorni ha cliccato sulla nostra email che gli avevamo inviato? Lo vado a monitorare e aggiungo +1 al proprio punteggio...e così via”.


Ha anticipato di fatto la prossima domanda: nelle imprese a volte l'attività di qualificazione viene affidata in toto al marketing, con il venditore che interviene solamente in una fase successiva. In questa maniera la sensazione è che si possano creare dei "silos" pericolosi fra le due aree.

“Per lo meno nei contesti dove ho lavorato io, questa è una cosa potenzialmente molto limitante: la qualifica è molto complessa nel mio campo e la relazione conta tantissimo.

Chiaramente la marketing automation, come abbiamo detto in precedenza, è un importante aiuto: deve essere una parte del processo di qualifica. Un ottimo supporto, ma il ruolo del venditore rimane centrale.

Nella mia esperienza, la marketing automation ha un ruolo fondamentale quando la pipeline di vendita è molto grande e soprattutto generata da molto inbound. A quel punto la MA può aiutarti a dare il giusto peso, distinguendo chi deve essere contattato prima e chi dopo o mai. Può fare questo esaminando parametri come la dimensione, la geolocalizzazione, il numero di dipendenti, l’industry, integrando con le action attivate dal prospect. Ad esempio, ha scaricato un white paper, si è registrato alla newsletter, ha seguito un webinar etc. I parametri generano un punteggio che da la priorità all’area commerciale, ma la partita si gioca comunque dopo, quando si stabilisce il primo contatto. Per cui sono un grand fan della collaborazione tra i due mondi ma la qualifica in certi contesti e livelli non si può fare con l’automation”.


Secondo la sua esperienza, esiste la "pipeline perfetta"? Da quanti stage è composta e quanto tempo si deve impiegare affinché la qualificazione sia efficace?

“Quello che ho visto, nel tempo, è che ho cambiato la pipeline tante volte cercando di adattarla ogni volta al contesto attuale del mercato.

Non mi sento l’autorità per dire “questa è la pipeline giusta”, ma se ci fosse la ricetta perfetta, qualcuno l’avrebbe già trovata e pubblicata. Credo che esista quella il più possibile allineata con il business dell’impresa, perché la pipeline di una impresa deve tener conto di una marea di aspetti - come ad esempio il ciclo di vendita - e varia per l’appunto da ogni singola realtà.


Per quanto riguarda gli step, molto è legato all’approccio di vendita che viene utilizzato e all’oggetto della vendita, in generale credo che debbano esserci delle fasi “obbligatorie”:

  • Prospecting e discovery = i primi scambi dove vado ad indagare cosa il lead sta facendo oggi;

  • Fase di analisi: siamo davvero il giusto fit per quel cliente?

  • Identificazione della value proposition = in questa fase si ha l’opportunità di valutare quanto il prodotto/servizio è prezioso per la controparte. Quale opportunità il tuo prospect si sta perdendo non affidandosi a te? Quanto gli costa non fare nulla in quel momento?

  • Identificazione decision maker = spesso a chi vendi, non è la stessa persona che firmerà il tuo contratto…spesso possono essere coinvolte più persone. È il caso di coinvolgere qualcun altro? Stai vendendo alla persona giusta sicuramente…ma non essendo la persona che firma, è solo lui la persona con cui devi parlare?

  • Fase proposal, negoziale e di chiusura = si arriva qui solo se hai fatto veramente bene tutto il resto.

In genere a ciascuna fase deve essere associato un peso, ovvero quanto vale economicamente quel prospect. Ad esempio se associ alla Fase Prospecting il 5% e il tuo valore medio del deal è di 30K, un deal in quello stage varrà pesato €1.500. Avanzando si stage aumenterà ache il suo peso, fino ad arrivare l 100% una volta che diventerà cliente.

Un solo consiglio, stage personalizzati ok ma attenzione al numero: se ci sono troppi step sarà difficile distinguerli l’uno dall’altro, se ne faccio troppo pochi invece rischio di non avere chiara la situazione”.


Redazione SaleScience

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